Non è necessario, anzi è controproducente, aspettare che insorgano problemi nel bambino prima di chiedere un parere professionale. È sempre possibile e utile intervenire sui bambini, anche neonati, per accorgersi in tempo di quelle distorsioni relazionali che possono compromettere uno sviluppo armonico.
Il genitore deve tenere a mente che i primi anni di vita, e già i primissimi mesi, possono essere determinanti per lo sviluppo emotivo e sociale del proprio figlio.
Il neonato viene al mondo in modo traumatico, attraverso un cambiamento drastico di ambiente e di sensazioni.
Per i primi giorni il suo “nuovo mondo” è costituito da sensazioni forti come fame, sazietà, calore, braccia che lo sorreggono e lo cullano: è un mondo confortevole e sicuro o freddo e poco adattabile alle sue esigenze?
Contrariamente a quanto si creda, il neonato registra nella sua memoria corporea queste sensazioni ed è proprio a partire da lì che inizia a formare la sua primissima immagine sensoriale del mondo che lo circonda.
Il “nuovo mondo” è un mondo che dà cibo: il neonato sente qualcosa di buono e caldo che entra nel suo corpo: è una sensazione molto piacevole e desiderata. Ma cosa succede quando il latte manca o non è sufficiente? La sensazione di vuoto non viene colmata…
Lui non lo sa che la mamma è un po’ preoccupata: le amiche del corso pre parto le hanno detto che i loro figli mangiano per più tempo rispetto al suo, la suocera ritiene che dovrebbe dargli da mangiare più spesso ed infine sua madre ha insinuato che la colpa è sua, perché è troppo ansiosa. Non sa a chi dare ascolto, è stanca, confusa e pensierosa.
Ed ecco che le prime sensazioni del bambino rispetto al mondo si fanno più articolate: quella piacevole sensazione di riempimento della pancia è accompagnata dal fastidio di un abbraccio preoccupato.
Se le esperienze negative di contatto corporeo sono forti e prolungate nel tempo possono generare e lasciare traccia nella memoria corporea di vissuti traumatici e dolorosi.
Il bambino sa anche che il suo pianto provoca un effetto nel mondo che lo circonda. Quando si sente angosciato da una sensazione spiacevole di stanchezza o di fame, ricerca nel corpo e nella mente della madre un po’ di pace, di sicurezza e di serenità. Non sempre però il volto della madre, il suo tono e il suo modo di parlargli hanno il potere di consolarlo. Lui non sa che il suo pianto scatena nella mamma sensazioni forti e arcaiche, talvolta anche di rabbia e fastidio per il solo fatto di essere di fronte ad una richiesta impellente di soddisfazione di bisogni vitali, profondamente legati anche ai suoi vissuti di neonata e bambina.
Crescendo, il bambino scopre che il mondo è fatto anche di sguardi e di voci.
A lui piace comunicare, è nato con la predisposizione ad entrare in relazione e infatti inizia a cercare lo sguardo della mamma. Quanto è importante riconoscere i primissimi segnali comunicativi del neonato! Una mamma sensibile e disposta ad entrare in una relazione che le impone di regredire, di mettersi ad un livello infantile, e quindi di sentire anche riemergere i propri vissuti di bambina, più o meno piacevoli, è una mamma capace di rispondere con lo sguardo.
Ma cosa c’è davvero nello sguardo della mamma? Cosa rimanda al bambino?
Gli rimanda la sua stessa immagine, come lo vede, cosa pensa di lui, come lo vive e quali fantasie, conscie e inconsce, ha su di lui. Se lo sguardo materno è costantemente preoccupato, arrabbiato o distratto, il bambino non lo ricercherà più e si sottrarrà alla prima e più importante relazione sociale, quella con sua madre, che è la matrice di tutte le altre relazioni sociali.
Non sempre il bambino cerca la relazione con entusiasmo e con segnali comunicativi chiari, rendendo difficile la risposta da parte della mamma.
Infatti ogni bambino nasce con il proprio carattere e con una certa dose di energia vitale: l’incontro con la personalità e i vissuti dei genitori determinerà la crescita psicologica e relazionale del bambino.
In modo automatico avvengono quindi moltissimi scambi inconsci tra un neonato e la sua mamma. Le esperienze passate, le fantasie inconsce, il proprio vissuto di bambini e la relazione di coppia creano un lente che si frappone tra lo sguardo della mamma e quello del neonato. Se quella lente ha il potere di distorcere la realtà, si rischia di compromettere lo sviluppo del bambino che si vede costretto ad adeguarsi ad un’immagine di sé imposta dall’inconscio dell’altro piuttosto che scoprire il vero Sé attraverso gli occhi della madre.
Per questi motivi un intervento precoce può rendere più consapevoli i genitori riguardo alle dinamiche relazionali nascenti nella nuova famiglia e alle loro fantasie legate al nuovo nato, permettendo di prevenire distorsioni relazionali che possono compromettere la crescita sana del bambino.
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