attacco di panico

ANSIA: UN NEMICO DA COMBATTERE O UN SINTOMO DA INDAGARE?

Sentiamo parlare molto spesso di ansia, e probabilmente l’abbiamo sperimentata in qualche occasione. Ma esattamente cosa è? E perché la proviamo?

Ormai è dimostrato ampiamente che un livello moderato di ansia è adattivo per l’individuo che si appresta ad affrontare un compito di una certa difficoltà. L’ansia quindi ci può aiutare durante l’apprendimento, la produttività o la risoluzione di problemi complessi. Oppure fa in modo di attivare l’organismo per fronteggiare un potenziale pericolo, per esempio per essere pronti a difenderci di fronte ad un’aggressione.

Uno stato ansioso, quindi, ci avverte che la situazione che stiamo per affrontare merita tutte le nostre energie e abilità.

Tuttavia a volte l’ansia sembra remare contro di noi: diventa la protagonista della nostra giornata o si impone nei momenti meno opportuni. Ecco allora che il pensiero si offusca e davanti a noi vediamo solo tre alternative: lottare, fuggire o rimanere bloccati. Quando i livelli di ansia sono molto elevati può capitare di spaventarsi o di provare vergogna a causa delle proprie reazioni. Può quindi innescarsi un circolo vizioso per il quale si fa di tutto per evitare di ritrovarsi nella stessa situazione penosa, arrivando anche a limitare la propria vita sociale per timore di rivivere, magari di fronte ad altri, quelle situazioni di panico.

Le manifestazioni dell’ansia possono essere molto diverse tra di loro: la più evidente e al tempo stesso più violenta è sicuramente l’attacco di panico, durante il quale il corpo reagisce come se fosse in pericolo di morte: tachicardia, fatica a respirare, paralisi, pensieri rapidi, vertigini, svenimento, senso improvviso di terrore e morte imminente fino ad arrivare a sentimenti di depersonalizzazione.

L’attacco di panico può essere scatenato da qualsiasi stimolo: una zona affollata, un concerto, un temporale, stare in coda in macchina, la vista di un vecchio conoscente, una promozione lavorativa, ecc.

Talvolta l’angoscia può prendere la forma di fobie specifiche: si ha paura di determinati animali, di stare in spazi chiusi, degli aghi o di contrarre infezioni.

L’ansia può manifestarsi anche in modo meno violento, rimanendo però presente nel corso di tutta la giornata: si fa fatica a concentrarsi, a portare a termine un’attività sul lavoro, cala la motivazione e la capacità di organizzarsi, prendere sonno diventa difficoltoso, o si prova un sottile senso di angoscia.

Infine, può scaricarsi nel corpo ed ecco che insorgono sintomi somatici come disturbi gastrointestinali, mal di testa, contratture cervicali, stanchezza, ecc.

Come fronteggiare l’ansia?

La prima cosa che viene spontaneo fare per contrastare le spiacevoli sensazioni date dall’ansia è trovare accorgimenti pratici: si evitano luoghi affollati, si controllano le vie di fuga in un ambiente chiuso, si controllano continuamente le previsioni del tempo, e così via. Magari si riesce a scampare a qualche situazione faticosa, ma si sa bene che l’ansia non se ne va del tutto, si è sempre all’erta e si ha sempre il timore di ricadere nell’angoscia profonda. Ma allora perché non fermarsi e ammettere che forse la nostra mente, e il nostro corpo, ci stanno comunicando qualcosa?

L’ansia è un segnale, è un campanello di allarme che ci avvisa di un pericolo.

Ma dove si trova questo pericolo? Non certo nel luogo affollato, nella coda in autostrada, o nel temporale, e razionalmente se ne rende conto anche chi prova forti sensazioni di panico in situazioni simili. Forse allora dobbiamo spostare l’attenzione dall’esterno e rivolgere lo sguardo verso il nostro mondo interno e provare ad indagare questi segnali di angoscia. Cosa ci stanno comunicando? Cosa è davvero che genera questa sensazione di ansia?

All’interno di un percorso di psicoterapia si cerca di rispondere a queste domande, dando voce ai sintomi e partendo dalla consapevolezza che l’ansia ha un significato inconscio specifico e unico per ogni individuo.

Infatti sotto alle paure specifiche o ad un attacco di panico può nascondersi un desiderio represso o un impulso non accettabile per la coscienza, che crea un conflitto interiore.  L’origine di tale conflitto può risalire alla propria infanzia e non essere immediatamente accessibile alla memoria, ma è possibile recuperarlo e esplorarne la dinamica all’interno di una relazione psicoterapeutica.

Partendo da una paura specifica, o da un’angoscia che appare immotivata, si può analizzare la modalità in cui si manifesta, le fantasie sottostanti, i ricordi legati ai primi episodi d’ansia e le modalità difensive usate dalla persona, per arrivare a comprendere il conflitto inconscio che genera la sensazione d’angoscia. Una volta riconosciuto e affrontato nella relazione con il terapeuta, il conflitto non sarà più ritenuto una minaccia: il segnale d’allarme non sarà più inviato, non si attiveranno più gli stessi meccanismi di difesa che ormai erano divenuti poco efficaci e quindi l’angoscia non avrà più la sua ragione di esistere.